domenica 30 agosto 2009

Diario di Bordo Transiberiana - puntata Sette - l'ultima


Ci eravamo illusi di avere di fatto terminato la nostra avventura una volta arrivati a Vladivostok, ma così non è stato. Anzi! La mattina di venerdì ci alziamo alle 8 (ora locale, quindi l’una di notte a Mosca) per andare all’aeroporto. Facciamo il chek-in e quasi per caso vediamo un orario diverso sulla carta d’imbargo rispetto a quello della partenza. Scopriamo così che l’aereo ha tre ore di ritardo! Diventa così impossibile prendere l’aereo per Daniel e Alberto, per i quali iniziamo una ricerca su internet (biglietti poi comprati dalla cugina Michela svegliata nel cuore della notte!). Alla partenza però il ritardo diventa di 4 ore, per cui quando arriviamo a Mosca dopo più di 9 ore di aereo, anche il mio volo salta (visto che avremmo poi dovuto cambiare aeroporto…). Così inizia anche per me una ricerca dei biglietti fatta dall’Italia da Silvia. Ma per problemi tecnici vari, riesco a comprare il biglietto solo in aeroporto, sempre usando un operatore italiano, visto che tutti gli uffici delle compagnie sono ormai chiusi! Passiamo così la notte tentando di dormicchiare sotto le scomodissime poltrone delle sale d’attesa. E all’alba iniziamo a darci da fare per un altro problema. Il nostro visto è scaduto e a quanto pare va assolutamente rinnovato anche per un solo giorno. Iniziano così alcune ore di ricerca dei funzionari dell’ufficio consolare, che troviamo solo dopo aver mobilitato un sacco di persone. Un’addetta dell’ufficio informazione ci aveva anche avvertiti che in quanto italiani, saremmo sicuramente riusciti a risolvere il problema! Nel frattempo per un paio d’ore “facciamo squadra” aiutando anche un povero ragazzo keniota; anche lui ha perso l’aereo e non riesce a chiamare il fratello che vive a Volvograd (l’ex Stalingrado). In compenso il volo per Verona è diretto e l’arrivo previsto per le 17.
E’ quasi paradossale che gli unici spostamenti che hanno dato problemi sono stati quelli con gli aerei (con biglietti comprati da mesi) rispetto a quelli con i treni, organizzati sul posto e sul momento.
Italiani. Popolo di viaggiatori!

Diario di Bordo Transiberiana - puntata Sei


Vladivostok. L’ultima città russa in quella striscia di terra che costeggia la Cina prima che inizi la Corea del Nord. L’ultima importante città ad est di questa nazione. Finalmente siamo arrivati in questa città, che era la tappa d’arrivo di questo viaggio fantastico. Abbiamo attraversato tutta la Russia e la Siberia: 9300 km tra Mosca e Vladivostok (personalmente arrivo quasi a 10000 contando anche il tratto da Kiev a Mosca), tutti in treno, sul quale abbiamo passato circa 155 ore e 7 notti. La mitica transiberiana è finita. Tra poche ore ci attende uno dei voli nazionali più lunghi del mondo (quasi 10 ore per tornare a Mosca) e poi altri due aerei per tornare in Italia, dove ci attendono temperature decisamente superiori a quelle che ci hanno accompagnato in queste settimane.
L’ultimo tratto di viaggio, da Irtkustk a Vladivostk è stato quello più lungo, durato ben 75 ore. Per fortuna avevamo trovato il biglietto in terza classe, che da la possibilità di socializzare e di conoscere molte più persone. E quanta gente che abbiamo visto e incontrato in questo viaggio. Tutti cittadini di questa enorme nazione, anche se i “russi puri” negli ultimi giorni erano sempre più rari, avendo lasciato spazio ai discendenti di quelle popolazioni indigene (come i buriati) che prima gli zar grazie all’aiuto dei cosacchi, e poi i bolscevichi, hanno letteralmente colonizzato e reso minoranza nelle loro terre. Ci sono poi i discendenti dei milioni di cittadini della parte europea dell’URSS che vennero spostati forzatamente, per poter colonizzare e “russificare” queste terre. Per parecchio tempo abbiamo giocato con alcuni bambini: Emzar di 9 anni (papà georgiano e mamma russa) ed Elia undicenne (mamma ucraina e papà russo, probabilmente ebreo). Le storie delle persone che viaggiano con noi sono le più diverse… Non abbiamo trovato quasi nessuno che si spostasse per turismo (tranne alcune famiglie che tornavano dal mare); quasi tutti erano in viaggio per andare a trovare parenti lontani. Con noi addirittura c’era una ragazza partita da Irkutsk per andare a studiare all’università di Vladivostok come doganiera. Più di 4000 km per raggiungere la sede di studio più vicina (visto che l’altra facoltà di questo tipo è a Mosca, ancor più lontana!).
Veramente un altro mondo. Difficile da capire e da interpretare. Con una storia complessa e poco conosciuta da noi. Tutta la Russia asiatica per esempio sarebbe da considerare zona colonizzata dagli zar prima e dai comunisti dopo; si pensi alla storia del Caucaso o di quelle repubbliche centroasiatiche che nel 1991 sono state tra le prime ad ottenere l’indipendenza da Mosca, con il grande disegno di creare una grande repubblica islamica dell’Asia Centrale, come era nell’800 con il Turkestan. Un mondo difficile da capire anche nelle cose più semplici, come la grande incuria che la maggior parte della popolazione ha verso l’ambiente nel quale vive, quasi sempre maltrattato da ogni sorta di rifiuti, anche di grandi dimensioni, abbandonati in boschi e paesaggi che dovrebbero meritare enorme rispetto anche solo per la bellezza e la serenità che sanno trasmettere.
Le impressioni di questo viaggio sono tante, come è naturale che sia. Di certo c’è la soddisfazione di avercela fatta a percorrere la ferrovia più lunga del mondo, solo con le nostre forze, senza né agenzie né altre organizzazioni a far da tramite. Resteranno nei ricordi le ore passate nelle stazioni per tentare di capire gli orari ferroviari (scritti in modo diverso in ogni stazione) divincolandosi tra i fusi orari. Così come resteranno i volti delle tante persone incontrate sui treni. Volti che si portano dietro storie con speranze, gioie, sofferenze, delusioni, sogni. Emozioni che sono uguali nel cuore delle persone di ogni parte del mondo, con qualunque cultura, sistema economico o politico. O forse anche questi sentimenti sono più grandi qui che altrove, nei cuori della gente che vive in questa terra dove la dimensione di tutto (edifici, piazze, strade, monumenti, campi, fiumi…) ricorda la grandezza di questa nazione con un grande e doloroso passato ma con un futuro tutto da scrivere sotto un nome: Russia.

domenica 23 agosto 2009

Diario di Bordo Transiberiana - puntata Cinque


Siamo quasi alla fine del nostro viaggio, e prima di riprendere il treno per l’ultima, lunghissima tappa di 72 ore fino a Vladivostok, abbiamo fatto qualche giorno di pausa al meraviglioso lago Baikal. Arrivati a Irkutsk, siamo saliti su un pulmino da 15 posti per un avventuroso viaggio di quasi 7 ore in direzione del lago.
Da subito l’impressione arrivati a Irkutsk и stata quella di trovarsi in mezzo a gruppi etnici per buona parte diversi dai russi. Si tratta dei Buriati buddisti (cugini stretti dei mongoli) che qui costituiscono una buona parte della popolazione e la maggioranza nei pressi del lago Baikal, che infatti fa parte della Repubblica semiautonoma dei Buriati.
Per arrivare siamo saliti su alcune colline che presto ci hanno offerto un paesaggio che da noi si trova solo in alta montagna. Paesi e case sempre piщ rari e strade solo sterrate facevano da cornice alla discesa che ci portava a questo lago, praticamente quasi disabitato e con pochissimi segni della presenza umana.
Il battello ci ha portati sull’isola, dove dopo la registrazione (tutto il territorio fa parte di un parco nazionale) il pulmino ha attraversato buona parte dell’Isola Olkhon, fino ad arrivare al villaggio che ci ha ospitati. Anche in questo le dimensioni sono enormi. Il lago misura 636 km di lunghezza e circa 60 di larghezza; и il piщ profondo del mondo (in un punto il fondo raggiunge i 1637 metri!) e contiene un terzo dell’acqua dolce del pianeta. La nostra isola, che vista sulla cartina и minuscola rispetto al lago, и lunga 74 km! In lontananza si vedono dei bei monti coperti da pinete, mentre a poca distanza dal nostro paese, c’и una baia con delle scogliere fantastiche, che offrono panorami e tramonti incantevoli.
Durante il soggiorno c’и tempo anche per tentare il bagno nel lago (la temperatura dell’acqua sembra che non superi mai i 15 gradi, e si sente!). L’acqua и talmente pulita da essere potabile a quanto pare; una volta uscito dall’acqua il freddo и stato alleviato da un paio di bicchieri di vodka generosamente offerti da un gruppo di russi sulla spiaggia, incuriositi dalla presenza di un turista italiano.
Il popolo dei buriati considera quest’isola una dei cinque poli mondiali di energia sciamanica; in vari punti dell’isola (sulle scogliere e su una collina poco distante sulla quale sono salito) ci sono infatti dei pali completamente ricoperti da lacci di stoffa, preghiere e altri oggetti che probabilmente sono intenzioni di preghiera. Qui c’и un forte legame con i buddisti del Tibet, e questo clima lo si respira in questi luoghi cosм caratteristici.
Il paese и carino e si capisce subito che negli ultimi anni ha vissuto una sorta di boom turistico; ovunque ci sono affittacamere, negozi di souvenir o servizi vari per i turisti. Turisti che sono tanti e quasi tutti russi; incrociamo qualche tedesco, spagnolo e francese ma degli italiani neppure l’ombra dall’Anello d’Oro intorno a Mosca. Eppure a fianco di tanti sforzi per attirare turisti e offrire loro servizi di ogni genere (noleggi vari, saune, escursioni guidate ecc.), resta la tipica incuria russa per l’ambiente. Qui и normalissimo buttare qualunque tipo di rifiuto o di oggetto che non serve piщ, in un bosco o in una zona fuori dal paese. Dietro le case ci sono distese di macchine o navi abbandonate ridotte a un ammasso di ruggine e sporcizia. Addirittura durante una camminata, trovo in mezzo ad una bella pineta una vera e propria discarica a cielo aperto (che noi chiameremmo abusiva…); per almeno 300 metri la strada nel bosco и completamente circondata di rifiuti di ogni tipo, ed i numerosi gabbiani dell’isola fanno la spola tra la spiaggia e questo angolo di paese che vanifica gli sforzi di molti per rendere accogliente ai visitatori un ambiente che merita veramente di essere visitato e conosciuto.
Russia. Terra di grandi contraddizioni. Economiche, sociali, ambientali, politiche. E come sempre, per vederle bisogna uscire dalle cittа, dalle capitali che dicono sempre poco su come vive una nazione. Le cittа che abbiamo visto erano quasi sempre ordinate, imponenti, pulite, addobbate di fiori all’inverosimile. I paesi della periferia di questa grande nazione non sono assolutamente cosм. Appaiono sempre piщ dimenticati dai governanti che distano migliaia di chilometri. A Olkhon non solo non ci sono le fogne, ma non c’и neppure l’acquedotto; ogni giorno delle vecchissime autocisterne fanno la spola tra i pochi pozzi del paese e le cisterne delle case. Qui un po’ di benessere sta arrivando grazie al turismo, ma nelle altre decine di migliaia di villaggi della Russia? Sono ancora lontani da quel “benessere” che poi, spesso tale non и, impegnati come siamo a cercare solo un “benavere”…
P.S. scusate i segni strani ma le tastiere russe non hanno le vocali accentate...

giovedì 20 agosto 2009

Diario di Bordo Transiberiana - Puntata Quattro

Sono quasi 24 ore che siamo su questo treno e ci resteremo altre 6-7 ore; siamo a metà del nostro viaggio. Da poco infatti abbiamo passato il km 4600. Domani mattina saremo a Irkutsk, a 7 ore di fuso dall’Italia. E poi prenderemo un pullman per il lago Baikal, a circa 7 ore di strada. E su un’isola in mezzo a questo enorme lago (il più profondo del mondo, contenente un terzo delle acque dolci del pianeta!) passeremo 4 o 5 giorni in un paesino di pescatori, prima di tornare a Irkutsk per l’ultimo, lunghissimo, tratto di Transiberiana: 70 ore alla volta di Vladivostok. La giornata oggi è trascorsa tranquilla in compagnia di alcuni compagni di viaggio che abbiamo conosciuto sul treno; ora nel nostro scompartimento ci sono una ragazza-madre russa con la figlia di tre anni, Sasha. Il cielo è quasi sempre stato nuvolo ed a tratti ha piovuto, cosa che per certi versi ha reso ancora più affascinante il paesaggio che vediamo fuori dal finestrino.
Anche oggi ho trascorso un po’ di tempo insieme ai due libri che mi stanno accompagnando in questo viaggio: il “Diario di Nina” (diario di una ragazzina russa adolescente nella Mosca degli anni 30, finita 10 anni nei Gulag perché aveva osato scrivere sul suo diario contro i bolschevichi) e soprattutto il meraviglioso libro di Tiziano Terzani “Buonanotte signor Lenin”. Lo avevo già letto alcuni anni fa, ma l’ho voluto portare con me ora che sto percorrendo le stesse terre che Terzani attraversò nel 1991, proprio nelle settimane in cui l’Unione Sovietica si sciolse in maniera quasi assurda. Fa impressione pensare che praticamente quasi tutta la ferrovia che stiamo attraversando, compresi ponti, stazioni e altre infrastrutture, è stata costruita dai prigionieri politici. E così anche tutto ciò che c’è in Siberia, prima dagli esiliati forzati dell’epoca zarista, e poi dai milioni di deportati (la maggior parte dei quali non tornarono vivi) degli anni bui staliniani. Quegli anni che Crusciov cercò poi di interrompere andando contro quel sistema politico e di potere che alla fine praticamente lo eliminò per riportare il sistema su binari più in linea con il regime sovietico. Questa terra è da sempre stata abitata da pochissime tribù indigene, che vivevano in totale armonia con la natura della quale erano circondate. Furono gli zar, volendo espandere ad est il proprio impero, a mandare i cosacchi (cristianissimi combattenti fedeli alla corona) per assoggettare queste genti e per annettere la “Terra che dorme” al grandissimo impero russo. Ma fu poi Stalin che ne intuì le potenzialità economiche (è una terra ricchissima di risorse naturali e minerali) e strategiche (prima il Giappone e poi la Cina in quegli anni premevano alle porte della Siberia e avevano delle mire espansionistiche su queste terre). Per questo inviò milioni di persone, la maggior parte delle quali deportate forzatamente, altre dietro la truffaldina promessa di terre nuove e fertili da colonizzare. Addirittura milioni di ebrei (da tutto il mondo) vennero in una città per fondare una Repubblica Autonoma Ebrea (che esiste tuttora, pur essendo ormai quasi disabitata), accorgendosi una volta arrivati che questa non era la terra promessa.
Fa impressione pensare che questi binari sono costati milioni di morti, spesso solo perché appartenevano ad una classe sociale sulla quale si abbattè l’ira di Stalin. Come i Kulaki, sterminati perché erano possidenti terrieri e quindi considerati un ostacolo alla collettivizzazione delle terre; la maggior parte di loro in realtà possedeva una vacca e un orto!
Intanto il nostro treno, nella fredda notte siberiana (adesso ci sono poco più di 10 gradi anche se siamo a metà agosto), continua a scorrere lento ma costante su quelli che i russi continuano a chiamare “i binari fatti con le ossa”. Un modo sarcastico di rendere un po’ di giustizia a milioni di persone mandate a morire in questa “terra che dorme”.

lunedì 17 agosto 2009

Transiberiana Diario di bordo - puntata tre


Finalmente un viaggio che ci permette di passare una mattina in treno e di non scendere all’alba. Infatti dormiamo quasi 12 ore, anche se i posti sono quelli in alto nel corridoio, quindi i più stretti. Il Vagone però è particolarmente bello e pulito, pur essendo la terza classe. Addirittura ad un certo punto il tappeto del corridoio viene pulito con l’aspirapolvere dalla “provodnitsa”, la responsabile del vagone e di tutti i servizi per i passeggeri. Ci facciamo un bel thè caldo prendendo l’acqua dal Samovar che c’è su ogni vagone; siamo poi invitati a giocare a carte da un alcolizzato che tenta inutilmente sia di insegnarci un gioco russo, sia di offrici qualche bel bicchiere di vodka come colazione. Ad un certo punto tenta anche di parlarmi per 10 minuti di qualcosa che credo abbia a che fare con la letteratura e con la politica (tra le poche parole che ho capito c’erano Puskin e Stalin…). Gli altri russi sul vagone spesso passavano facendo delle espressioni e dei segni come per dirci che non sono tutti così gli abitanti di queste terre, che lui è così perché è pieno di vodka fin sopra i capelli. Siamo gli unici stranieri sul vagone, e molti russi sono contenti e orgogliosi che qualcuno venga da così lontano per visitare le loro terre, e ci tengono a fare bella figura. Dopo il pranzo a base di pane e salame (italiano questa volta!), abbiamo ancora un paio d’ore prima di arrivare a Novosibisk, la capitale della Siberia, da dedicare chi al riposo e chi alle letture, naturalmente con un occhio sempre al finestrino per ammirare i bellissimi paesaggi. Le betulle sono sempre più rade e spezzate dal gelo e la tundra siberiana è sempre più costellata di laghetti e paludi. I villaggi e le case sono sempre meno frequenti, e l’immenso cielo che si perde lontano all’orizzonte non manca di ricordarci non solo la grandezza e la calma di questa “terra che dorme” (questo significa Siberia), ma anche il nostro essere piccoli e insignificante nella grandezza di questo pianeta ed in particolare di questo continente asiatico che stiamo attraversando.

Tra poco saremo arrivati a Novisibirsk, a 5 ore di fuso dall’Italia e 3 da Mosca (come ci ricorda anche l’orologio presente sul vagone); compreremo il biglietto per Iskurks e poi cercheremo di passare una notte in albergo, perché dopo 3 giorni senza la possibilità di farsi una doccia e di lavarsi, iniziamo ad avere pietà dei nostri compagni di viaggio!

domenica 16 agosto 2009

Diario di Bordo Transiberiana - puntata due


Il vero viaggio è iniziato. Gli ultimi giorni hanno alternato giornate intense ad altre dove è stato possibile concedersi un po’ di riposo. Dopo essere partiti da Mosca siamo stati due giorni a Vladimir, una delle località dell’Anello d’Oro, città tranquilla ma con monumenti e parchi che ricordano il tempo in cui fu capitale della Russia prima che questa fosse trasferita a Mosca. Appena arrivati abbiamo dovuto girare due alberghi prima di trovarne uno economico, anche grazie all’aiuto di una gentilissima ragazza addetta alla reception di un albergo per “occidentali”, quindi con prezzi decisamente più alti. Siamo poi partiti alla volta di Nizvny Novgorod, anche questa volta su un affollato treno locale. In questa città, che vanta un bel Cremlino ed un piacevolissimo centro pedonale, siamo rimasti due giorni, dormendo in un ostello per studenti russi (trovato anche questo chiedendo aiuto alla reception di un albergo con prezzi da “businessman”!). E poi la sera del venerdì finalmente siamo saliti sul treno per la prima tratta seria di viaggio. Con una variazione però: anziché prendere la linea tradizionale per Perm, abbiamo deviato per Kazan, che sembra molto più particolare. A Yekaterimburg poi ci ricongiungeremo con la Transiberiana classica. Saliamo sul treno in Platkrast (cioè la terza classe) e prendiamo possedimento delle nostre tre cuccette; a qualunque ora ogni stazione è occasione per un saliscendi di gente. Arriviamo così prestissimo (alle 6 di mattina) a Kazan, capitale della repubblica del Tatarstan. La città è (come le altre viste fino ad ora) particolarmente pulita, vivace e moderna. Il Cremlino (patrimonio dell’Umanità per l’Unesco) è semplicemente fantastico, ed ha la particolarità di avere al proprio interno non solo una cattedrale ortodossa, ma anche una grandissima Moschea. Come in molte altre repubbliche russe infatti, la popolazione era a maggioranza musulmana, sottoposta poi ad una conversione forzata al cristianesimo e ad una “russificazione” durante il regime sovietico, che alla fine non ha fatto altro che alimentare, e non certo sopire, le spinte nazionalistiche che in queste terre lontane da Mosca sono sempre più forti. Eppure visitando queste città l’impressione è che dopo la caduta del Comunismo nel 1991 ci sia una nuova fede che accomuna tutti, pur con differenti modi di praticare. E’ il consumismo sfrenato che qui si vede in ogni angolo di strada: ovunque negozi, centri commerciali, pubblicità. In apparenza la Russia è ormai un paese occidentale da tanti punti di vista, spesso rinnegando per questo anche le proprie origini: ma è un processo omogeneo? Restando negli eleganti viali dei centri storici si direbbe di sì, ma probabilmente questa non è la vera Russia. Per accorgersene basta risalire in treno dopo poche ore. La mattina tra l’altro abbiamo avuto qualche difficoltà per fare il biglietto; i posti sul treno che avevamo in programma erano finiti, e abbiamo dovuto ripiegare su un altro in seconda classe, ognuno di noi in uno scompartimento diverso. Eravamo gli unici tre stranieri in tutto il vagone, pieno di famiglie russe che tornavano dalle vacanze sul Mar Nero. Ho diviso lo scompartimento con un simpatico bambino di 2 anni (Yaroslav) ed i suoi genitori. Ed ho fatto “interessanti” chiacchierate con una maestra di un orfanotrofio siberiano che era nello scompartimento di Alberto. Così la giornata è passata tra dormite, chiacchierate e soprattutto tanto tempo passato al finestrino a guardare un paesaggio fantastico che cambiava rispetto a quello che avevamo visto nei primi chilometri dopo Mosca.

Molte betulle sono spezzate dal gelo che in inverno tocca anche i meno 40 gradi; si iniziano a vedere molti abeti ed il paesaggio è reso dolce da alcune colline piene di boschi. Pochissimi i campi coltivati. Spesso si vedono villaggi o piccole città, e qui la vista è decisamente diversa rispetto alla Russia “occidentale”. I paesi sembra che si siano fermati al 1991, anno della fine dell’Unione Sovietica. Le strade asfaltate sono pochissime, non c’è illuminazione pubblica, si intravede una povertà diffusa e non esistono tutte quelle cattedrali del consumismo che sono arrivate in maniera prepotente nelle città e nei grossi paesi di altre zone del paese. Gli unici negozi sono quelli nei vecchi edifici con le tipiche scritte “magazin” o “produkty”. Come se buona parte del paese fosse rimasta esclusa da tutto. Dimenticata da un’ondata di benessere e di “occidentalizzazione” che sta arrivando in Russia, dopo i disastrosi anni ’90 dell’era Eltsin (quando l’allora presidente, primo dell’era post-comunista, svendette per pochi rubli moltissimi beni e aziende pubbliche, arricchendo la classe più spregiudicata e affarista del paese). Dimenticata dai governi di Mosca e da quelli delle varie repubbliche, che tengono i centri delle città come dei salotti ma non spendono quasi nulla per le infrastrutture, per i servizi e per i cittadini nel resto del paese. Dimenticata forse anche da Dio e dal mondo. In queste zone (come in buona parte dell’Ucraina e di altri paesi ex sovietici, come la Bielorussia), i vantaggi del nuovo sistema economico sono arrivati veramente per pochi. Ma per molti invece sono arrivati i lati negativi. La forbice tra i ricchi ed i poveri è spaventosamente aumentata, spazzando via una classe media che è praticamente quasi inesistente. E in questi paesini, che si intravedono dal treno, vivono quasi esclusivamente persone che sono completamente esclusa da questo grande banchetto-abbuffata a cui sta partecipando una parte del popolo russo.

Mentre concludo questa seconda parte di resoconto, sono in un internet-caffè di Yakaterinburg, città ordinata e pulita, famosa perché qui sono stati uccisi gli ultimi Romanov nel 1917. E’ la prima città importante sugli Urali dopo il confine naturale che divide il continente europeo da quello asiatico. Stanotte quindi abbiamo sconfinato in Asia! E stasera prenderemo il treno che ci porterà a Novisibirsk, capitale della Siberia. La temperatura è fantastica (tra i 15 ed i 20 gradi) e tutto procede per il meglio. Anche l’acquisto dei biglietti del treno non sta dando problemi, anche se la confusione inizia ad essere tanta, visto che tutti gli orari (compresi gli orologi nelle stazioni!) sono secondo l’ora di Mosca. E’ quasi un’impresa leggere i tabelloni degli orari dei treni (diversi in ogni stazione…) facendo i calcoli dei vari fusi orari. Ora siamo a più 2 ore rispetto a Mosca (quindi più 4 rispetto all’Italia), domani saremo a più 3 e tra 2 giorni a più 4! Ed allora saremo alla meta che meriterà qualche giorno di pausa: il lago Baikal.

mercoledì 12 agosto 2009

Diario di Bordo Transiberiana - puntata Uno

Finalmente dopo tanta attesa e preparazione si parte per questo lunghissimo viaggio. La partenza è all'alba da Verona. Scalo a Francoforte, dove un funzionario solerte del controllo passaporti, si accorge (il primo dopo 7 anni e circa 60-70 voli!) che non ho messo la firma sul passaporto. Quando lo ringrazio e gli faccio notare che sono quasi 10 anni che ho il passaporto senza firma, commenta subito con “10 anni da criminale”! Tedeschi solerti...
Poi l’arrivo a Kiev e lo spostamento a Chernigov dove mi ritrovo con Kristina e Svieta, che saranno le nostre interpreti durante il grest con i ragazzi dei lagher di Smiena e di Barvinok. E poi via fino al lagher dai bambini (in attesa dell’arrivo degli italiani il giorno dopo, arrivo che naturalmente non è senza qualche imprevisto, come lo smarrimento di ben 10 bagagli… grazie Alitalia!), dove resto fino al giovedì successivo, giorno fissato per la partenza verso la terra russa.