lunedì 20 ottobre 2008

una sera d'ottobre... in poesia

Un giorno, dopo mesi, dopo anni.
Ad un tratto, all’improvviso,
una fiamma s’accende.

E basta questo, per cambiare occhi.
Per cambiare cuore.
Per cambiare prospettiva.

Un grazie esce dal cuore,
come una lacrima solitaria
che solca il viso
nel buio di una sera d’ottobre.

Un grazie alla vita.
Che mai si stanca di donare.
Di donare novità.
Di donare luce.
Di donare amore.
Di donare.

domenica 24 agosto 2008

La bellezza salverà il mondo

Visitando Mosca e soprattutto San Pietroburgo si comprende perché Dostoevskij scrisse che “la bellezza salverà il mondo”. Queste due splendide città sanno regalare emozioni intense in moltissimi luoghi. Città dove si respira la storia in ogni angolo, e dove l’uomo ha saputo creare un numero di luoghi ed edifici grandiosi e meravigliosi come in pochi altri luoghi del mondo. Eppure quante contraddizioni… Quelle che sono state due città dove il comunismo decideva e gestiva tutto, sono ora diventate le nuove capitali del consumismo e del neoliberalismo. Praticamente solo il Cremlino non è invaso da McDonalds e cartelloni pubblicitari. Capita spesso poi di vedere limousine o macchinoni blindati con la scorta di qualche miliardario, passare vicino a straccioni, accattoni, ubricachi, mutilati o invalidi, bambini di strada o altri poveri e vittime di questa società sempre più cinica, arrivista e materialista.

Però le emozioni che sanno regalare San Basilio e la Piazza Rossa, i saloni e i capolavori dell’Ermitage, o la visione serale dalla Nieva di San Pietroburgo illuminata, lasciano letteralmente senza fiato. E aiutano a comprendere quella frase di Dostoevskij. Di bellezza con la quale salvare il mondo, la Russia ne ha in abbondanza! La speranza è che nasca la volontà di contribuire a creare un mondo migliore e di pace, non basato sulla forza militare e sul predominio energetico e politico. Le vicende di queste ultime settimane non sono certo incoraggianti, ma governanti che ogni giorno vedono certi luoghi e certi paesaggi, ogni tanto non possono venire assaliti da un’emozione che solo chi ha visto certe bellezze conosce. E allora chissà, forse verrà anche a loro il desiderio di salvare il mondo, e non solo di conquistarlo…

Sul sito nella sezione fotografie, puoi vedere le immagini del grest in Ucraina (lagher di Smiena) e quelle della settimana a Mosca e San Pietroburgo.

martedì 6 maggio 2008

Grazie di esistere Azione Cattolica!



100e40 anni di Azione Cattolica. Sono 140 anni da quando Mario Fani e Giovanni Acquaderni diedero vita alla più importante associazione italiana di laici cristiani. Ma sono anche 40 anni da quando l'AC si rinnovò seguendo la strada che il Concilio Vaticano II aveva tracciato.

Ed essere a Roma insieme ad altri centomila associati per festeggiare questo compleanno è stata una grande emozione! Non solo perchè vedere da vicino il Papa è sempre un evento, ma per la grande carica che un evento come questo può dare al cammino che tutti i giorni percorriamo in mezzo alle "piazze e ai campanili", cioè in mezzo alla gente e alle nostre comunità per portare la Speranza e la Gioia che nasce dall'incontro con Cristo.

Insomma come diceva più o meno l'inno dell'incontro, siamo forti della nostra storia e del nostro passato, con il coraggio per il futuro!

Qualcuno mi ha chiesto se l'AC è ancora viva... Dopo una simile overdose di entusiasmo e di vitalità come non rispondere positivamente? Perchè se l'Azione Cattolica è viva, lo è nelle persone meravigliose che tutti i giorni vivono con gioia e speranza la loro fede in questa entusiasmante vita.

P.S. naturalmente in mezzo alla "toccata e fuga" a Roma, c'è stato anche il tempo per una meravigliosa passeggiata "by night"...

sabato 26 aprile 2008

Tra faggi e dolci pascoli a Cima Rest


Due giorni passati con la IIIB della scuola media di Prevalle a Cima Rest (Magasa, Valvestino, Brescia). Uno dei miei posti preferiti... Dove la natura offre scenari e paesaggi di grande suggestione, e dove si tocca con mano la difficoltà che l'uomo ha sempre incontrato vivendo in montagna. Ma anche la grande sintonia ed il delicato equilibrio che si è creato tra uomo e natura. Equilibrio che in molti posti oggi è stato completamente stravolto, ma che qui, pur tra mille difficoltà, ancora in buona parte resiste. Così tra maestosi faggi secolari, svettanti abeti rossi, dolci altipiani tra montagne dure e selvagge, la speranza è che questi simpatici ragazzi abbiano colto non soltanto la bellezza di questi luoghi, ma anche con quanto rispetto e attenzione l'uomo debba accostarsi e rapportarsi con la natura, che non è uno strumento a nostra disposizione per raggiungere obiettivi che troppo spesso sono solo materiali, ma è il meraviglioso tempio che Dio ci ha donato per vivere questa fantastica avventura che si chiama vita!

Nella pagina delle fotografie trovate anche una galleria con quasi 50 immagini relative soprattutto a paesaggi e fiori. Tra poco pubblicherò anche un video realizzato con la nuova videocamera... tempo di realizzare il montaggio e di metterlo su youtube!

martedì 15 aprile 2008

Che batosta!!!


Che batosta! Delusione e amarezza si mescolano da quando i primi risultati di queste elezioni hanno fatto capire in che direzione si stava andando… Pur con qualche riserva, ma finalmente sembrava arrivata una ventata di novità nella scena politica italiana… Un po’ di rinnovamento, di correttezza e un progetto politico che sembrava serio basato sul disegno di dove vogliamo far andare questo nostro paese. Il nuovo PD, che anche a livello locale sta esprimendo gente e idee nuove, sembrava piacere e sembrava dare speranza e novità nella politica italiana, che troppe volte ultimamente aveva non solo deluso ma aveva anche disgustato. A parte qualche falsa informazione da parte di qualche “servizio segreto deviato”, non ci si era certo illusi di una vittoria, però una sconfitta così imponente amareggia… Soprattutto perché sentendo la gente (soprattutto i più giovani) la scelta di chi votare è spesso fatta sulla base di slogan e di “contro”; poche volte per un progetto. E’ un po’ la politica dei “no” anziché dei “sì”. No alla sinistra. No alle tasse. No agli extracomunitari. Vince ancora una volta la politica di chi urla di più, di chi da contro all’altro e di chi promette cose che tante altre volte ha promesso (e non ha mantenuto) e che si capisce bene che in buona parte non sono realizzabili. Forse la politica italiana è semplicemente lo specchio della società italiana: vecchia, stanca, incazzata, che urla ma non si ferma a progettare il proprio futuro con serietà e fiducia. E comunque è la democrazia: anche se con amarezza, ciò che la gente vuole va accettato. Senza voler vincere a qualunque costo; pena il passaggio da democrazia a oligarchia. Rischio spesso presente anche a livello locale. In queste ore c’è quasi la tentazione di mandare l’impegno politico a quel paese, di ripiegarsi nel “privato”, abbandonando un impegno nella società che è la modalità quasi naturale di vivere la propria dimensione di cittadinanza, che è fatta sì di diritti, ma anche e necessariamente di doveri nei confronti della comunità (a più livelli) della quale si fa parte. Per fortuna lo stile che si cerca di avere è un altro: quello della “speranza costruttiva”, fiduciosi che il contributo che possiamo dare in questo pellegrinaggio terreno, possa servire per rendere questo modo un po’ più “a misura d’uomo”. Ed il mondo ha bisogno di chi ci mette la faccia e si prende a cuore un pezzo di questa umanità… E per fortuna che di gente così ce n’è in giro, anche se sempre di meno! C’è la necessità che la nostra Italia si dia un colpo di reni, di riprendere la strada che sembra aver smarrito e che non vuole tornare a percorrere. Faccio riferimento non tanto al risultato delle elezioni, ma ad una società che sembra stanca, con poca fiducia in se stessa e nel proprio passato. Che si lamenta sempre ma non prende in mano il proprio futuro e non si rimbocca le maniche. Che critica ma non prende responsabilità. Amarezza, delusione. Per fortuna tra qualche ora un sano ottimismo di base le avrà spazzate via. Ma forse non completamente….

sabato 5 aprile 2008

La felicità non è felicità se non è condivisa...


Venerdì sera: come si fa ogni tanto, in programma c'è la maratona di film al mitico CTM di Rezzato, che tanto ricorda la sala e i tempi di "Nuovo cinema paradiso"... Quattro ore e mezza di fronte al grande schermo. E soprattutto uno di quei film per i quali vale la pena sopportare l'inevitabile mal di schiena dovuto a così tanto tempo passato sulle vecchie e scomode (ma economiche!) poltrone del citato cinema. "Into the Wild" è uno di quei film che vale decisamente la pena di vedere. Per i meravigliosi paesaggi. Per l'attenta fotografia. Per l'ottima recitazione (e pensare che solo ieri ho finalmente visto il pessimo Scamarcio: non poteva avere un nome più appropriato!). Per le musiche toccanti e graffianti. Ma soprattutto per ciò che lascia. Questa storia di un giovane fuggito da tutto ciò che la società borghese, cinica e consumista rappresentava, per cercare la felicità nella natura e nell'avventura. Perchè, come dice ad un certo punto, "Dio ha messo la felicità in ogni angolo del mondo". E sembra quasi una negazione della socialità e dei rapporti umani, visto che la parola più ricorrente nelle citazioni e negli scritti del nostro eroe è "solo". Ma proprio quando tutto gli si ritorce contro, quando la natura solitaria tanto amata e tanto cercata si dimostra anche crudele e senza pietà, la sua vita si conclude con una frase che tinge di una nuova prospettiva tutta la sua esperienza passata: "la felicità non è felicità se non è condivisa". E' questa consapevolezza che gli dona l'ultima ventata di libertà, ma soprattutto di verità. Quella verità che spesso viene considerata come valore assoluto anche più importante di molti altri valori per i quali invece, spesso la nostra società è disposta a coprire e mettere in secondo piano il bisogno di verità...

lunedì 3 marzo 2008

In diretta dall'Ucraina

Un altro viaggio è cominciato... ancora in terra Ucraina, per l'undicesima volta. Ma ogni viaggio è diverso dall'altro, anche se i luoghi bene o male sono sempre gli stessi. Basta avere lo spirito giusto per entrare nei luoghi, nella mentalità e nella cultura che si incontra, cercando di incontrare veramente le persone che si trovano sul proprio cammino.
E in questi luoghi è difficile non incontrare bambini e ragazzi, che ti vengono incontro non appena varchi la soglia dell'orfanotrofio. Ragazzi che in alcuni casi non si vedevano da mesi se non da più di un anno... alcuni cresciuti, alcuni ormai sedicenni o diciasettenni in un corpo da bambini che non sembra decidersi a uscire dalla sindrome di Peter Pan.
Il viaggio continua... con il campo base nella nostra sede ucraina della bresciana associazione, non a casa ribattezzata "Pota Dom" (Dom in russo significa casa, mentre tradurre Pota in bresciano è impresa ardua!), ora in costante visita all'istituto di Gorodnia, in attesa di continuare il tour anche a Cernigov, Iablunovka e Udaizì. Con i compagni di viaggio Nicola (Baffo) e Fabrizio (Baraska)... senza dimenticare la gatta Sonia che unisce la ruffianaggine femminile con quella felina!
in questa Ucraina terra di contraddizioni, forse come tutto il nostro vecchio pianeta... dove le famiglie faticano a campare e la povertà si vede evidente ad ogni angolo e in ogni stanza d'orfanotrofio... Ma anche dove tutti hanno cellulari più belli e costosi dei nostri che vanno assolutamente ostentati e mostrati per dimostrare l'estraneità a quella parte della società che viene definita povera... Ostentazione che forse rende la povertà spirituale ancor maggiore di quella materiale. Il mondo è bello perchè è vario, o come dice qualcuno... perchè è avariato!

sabato 26 gennaio 2008

Povera Italia!


Pubblico questa lettera-aperta contenente alcune mie considerazioni sull'attuale situazione italiana. Mi piacerebbe sentire a riguardo il parere anche di amici e di chi vuole dire la sua... Buona lettura!

Povera Italia… la sensazione che un giovane prova di fronte alla situazione di quest’ultimo periodo, non può che essere quella di un forte scoraggiamento. Abbiamo avuto la fortuna di nascere e vivere in un paese stupendo, non soltanto per i suoi paesaggi e monumenti, o per la ricca storia che ha lasciato ovunque il segno nella nostra terra, ma anche per la passione e la generosità che da sempre anima coloro che in questa terra vi abitano. Eppure ultimamente una strana forma di malattia sembra aver colto tutti noi; un malanno dal quale si fatica a immaginare come potere guarire, forse perché si continua a sperare in coloro che, magari involontariamente, sono da troppo tempo nel ruolo degli untori, e difficilmente all’improvviso potranno diventare i medici. Mi sembra di percepire nella gente una stanchezza mista a rassegnazione, di fronte ad alcuni avvenimenti che negli ultimi mesi sono stati indicativi di questa nostra malattia. Penso alla protesta degli autotrasportatori che per rivendicare dei (discutibili) interessi di categoria non indugiano a mettere in ginocchio un’intera nazione, incapace di reagire di fronte a tanta arroganza. Penso al fronte di coloro che sono capaci solo di dire dei “no” sempre e dovunque. Penso alla situazione dei rifiuti in Campagna, al limite del grottesco da quanto gestita male, probabilmente con decine di persone che in questa vicenda hanno posto interessi personali e/o locali prima dei bisogni delle istituzioni e delle comunità. E la cosa più assurda è che nessuno fino ad ora si sia preso la responsabilità politica di ciò che sta succedendo. Nessuno s’è dimesso, nessuno ha ammesso un minimo errore. Nulla. E nessuno vuole fare un passo indietro nella difesa di posizioni e di interessi particolari che se anche difendono una porzione di territorio, contribuiscono a devastarne uno più vasto… Penso alla vicenda dello 0,2% degli studenti della Sapienza e del 2,8% dei docenti che hanno imposto alla maggioranza la scelta di non accogliere il Papa, in nome di una falsa laicità che è in realtà un anticlericalismo velato di laicismo. Ma come, anche solo vagamente, pensare che una “riscossa”, un “colpo di reni” possa venire da chi ci guida? Possono farlo persone che come Cuffaro hanno la faccia tosta di restare presidenti della Regione Sicilia anche dopo essere stati condannati a 5 anni? In una regione dove gli imprenditori che rifiutano di pagare il pizzo rischiano la vita! Possono farlo persone come Mastella, sul quale è meglio tacere se non si vuole deprimersi ulteriormente? Ma è tutta la nostra classe dirigente che è affetta da questa malattia, e non credo che sarà in grado di porvi rimedio. Una classe politica che dimostra disprezzo per la giustizia e la legalità, che trasforma quotidianamente il Parlamento, tempio della nostra democrazia, in un luogo dove regnano insulti, grida, risse, incapacità di ascolto e di dialogo. Lo spettacolo a cui abbiamo assistito il giorno della caduta del governo Prodi può solo far vergognare profondamente di avere una simile classe politica tutti coloro che hanno un minimo di dignità. Una classe dirigente estremamente vecchia dal punto di vista anagrafico ma anche nel modo di pensare e di immaginare il futuro. Ma questo è un male italiano che attraversa tutta la nostra società. Mi pare di ricordare che l’età media dei nuovi dirigenti scolastici in Lombardia che hanno vinto il concorso dell’estate scorsa è di 60 anni!!! In nessun paese al mondo succede una cosa simile. Lo scorso anno in un viaggio in alcuni orfanotrofi Ucraini, ho conosciuto una direttrice con responsabilità enormi se confrontate con i nostri dirigenti scolastici: patria potestà di 150 minorenni, gestione di circa 100 dipendenti e di un “micro-paese” dove vivono bambini, ragazzi e adolescenti con problemi economici e sociali enormi. Questa direttrice era mia coetanea ed era stata nominata da pochi anni quan’era solo ventisettenne! In Italia a 27 anni è un’impresa faraonica essere insegnanti di ruolo. In Italia rischiamo di dover scegliere tra pochi mesi, ancora tra candidati premier con più di 70 anni! Sento da questo punto di vista un forte scoraggiamento in molti giovani, non solo per la mancanza di prospettiva e di stabilità nel mondo del lavoro, ma anche per il sentirsi dentro un sistema che offre vere opportunità e responsabilità solo a chi ha più di 50 anni, perché gli altri sono tutti “giovani” che potranno realizzarsi solo nella società nel futuro. L’Italia ha bisogno dei giovani in quanto tali, e non perché sono “coloro che avranno responsabilità domani”. Non vorrei che le mie considerazioni apparissero come qualunquiste o antipolitiche. Io stesso faccio politica, come amministratore nel mio comune e si tratta di un’esperienza positiva che cerco di vivere con passione e con spirito di servizio (e non sono assolutamente l’unico; non vorrei apparire come colui che si crede il martire in mezzo ai briganti). E non è neppure una rivendicazione di maggiori responsabilità personali. E’ lo sfogo di un giovane come tanti altri, il cui entusiasmo deve scontrarsi quotidianamente con questi malanni italiani, di un paese che appare vecchio e invischiato in un meccanismo dal quale si fatica a vedere la via di uscita. E’ forte la tentazione di gridare alla nostra classe dirigente di aprire gli occhi, di rendersi conto che molti di loro hanno fallito. Che ci stanno portando alla deriva. E che loro non sono certo in grado di guidarci sulla strada che dobbiamo percorrere se vogliamo un futuro al quale guardare con fiducia ed entusiasmo. Pur in mezzo a queste considerazioni amare, voglio concludere con una necessaria dose di speranza e di ottimismo, visto che la storia tante volte ci ha insegnato come il popolo italiano ha saputo rialzarsi con dignità e generosità dopo periodi bui. Speriamo di farcela anche questa volta, con un colpo di reni che non può non venire dal grande cuore italiano. D'altronde quando si tocca il fondo si può solo risalire. Sperando di non iniziare a scavare!

mercoledì 2 gennaio 2008

Diario dalla Terrasanta: 2 gennaio 08. Il viaggio è finito!


Ultimo giorno del nostro viaggio-pellegrinaggio. Naturalmente non meno intenso degli altri! Si parte subito in quinta: Gerusalemme vecchia e spianata delle Moschee o del Tempio. L’ultima volta che ho provato una simile sensazione nel trovarmi di fronte a tanta bellezza (a parte i paesaggi in montagna…) è stato a San Pietroburgo di fronte al Palazzo d’Inverno. Alcuni minuti che qualcuno forse chiamerebbe la “sindrome di Stendhal” esagerando un po’, ma che sono difficili da non provare in un ambiente simile. La Cupola di Omar è semplicemente fantastica, ma tutta l’enorme piazza con i suoi archi e resti forma un contesto meraviglioso. Tempo per un po’ di foto e il giro continua. Inutile dire che, sia per entrare che per uscire, era necessario il solito controllo stile-aeroporto… Passiamo ad un altro luogo-simbolo della città: il muro del Pianto. E’ praticamente una sinagoga all’aperto, addirittura rigorosamente divisa nel settore maschile e femminile. Si percepisce molta devozione in chi prega, ma vedere come pregava un gruppo di bambini seduti sotto il muro faceva una certa impressione. Sarà stato per l’abbigliamento (gli ultraortodossi a Gerusalemme sono veramente tanti e subito riconoscibili – già da bambini – per abbigliamento e pettinatura), o per lo “stile”, ma sembrava di percepire qualcosa che andava oltre alla fede sfociando nel fanatismo. Anche il luogo poi da l’impressione che le preghiere che nascono sotto quel muro non siano soltanto un lamento per la distruzione di quello che era il principale luogo sacro per gli ebrei, ma anche una rivendicazione forte intrisa di identità che sfocia nel nazionalismo. Continuiamo la visita in altri luoghi che ricordano fatti evangelici (come la chiesa del “canto del gallo” di Pietro, dove celebriamo la Messa) e la struttura “urbanistica” dell’antica Gerusalemme. Panorami mozzafiato su una città che sa offrire splendidi scorci, tra l’altro in una giornata meravigliosamente limpida e tersa. Tappa in albergo per il pranzo e poi via per un luogo simbolo di Gerusalemme, che anche se non fa parte del classico tour del pellegrino, non può non essere visitato se ci si vuole accostare alla cultura e alla storia locale. Si tratta del memoriale della Shoà. Non è un museo (c’è anche quello ma non lo visitiamo), ma una serie di costruzioni e monumenti che ricordano l’olocausto colpendo non tanto il cervello ma soprattutto il cuore. Il memoriale dedicato in particolare al mezzo milione di bambini morti, è un salone nero e buio con molti lumini accesi a tutte le altezze che in un gioco di enormi specchi danno l’idea di trovarsi in un cielo pieno di fiamme; intanto una voce legge i nomi, l’età e la provenienza dei bambini morti. Una volta usciti per un po’ si fatica anche solo a parlare… Emozioni che mi hanno ricordato la visita ad Auschwitz. Si torna nel centro vecchio, e dopo ben un’ora libera per shopping nei negozietti del quartiere cristiano, incontriamo il Custode di Terra Santa (un francescano, ordine al quale da 800 anni è stato affidato dal Papa il compito di custodire i luoghi sacri). Un’ora di incontro che ci da una bella immagine non soltanto della situazione dei cristiani, sia in Israele che nei territorio dell’Autorità Palestinese, ma anche e soprattutto del rapporto tra le varie chiese cristiane. E’ vero che si può rimanere “scandalizzati” di fronte alla situazione di confusione e apparente conflitto tra le diverse confessioni (cattolici, greco-ortodossi, armeni ecc.), che il Custode ha definito come “liti da condominio” su questioni pratiche e secondarie, ma Gerusalemme è anche l’unico posto al mondo dove convivono in questo modo tutte le confessioni cristiane. Con la presenza inoltre degli ebrei e dei musulmani. E’ un clima che si può respirare solo in questa città: qui ogni pietra parla di Dio. Lo spirito di Gerusalemme è quello che abbiamo respirato stamattina celebrando la Messa con il sottofondo del Muezzin che chiama alla preghiera e con gli ebrei a poca distanza che intonano i loro lamenti sotto il muro del pianto. Mi piace chiamare quest’esperienza un viaggio-pellegrinaggio perché ha avuto le caratteristiche di entrambe. Abbiamo vissuto una forte momento di spiritualità e di riscoperta di quello che significa per noi cristiani di oggi la vita di quel Cristo che ha cambiato le sorti dell’umanità e delle nostre vite. Ma è stato anche un vero viaggio, cercando di incontrare e di capire i luoghi e le culture che ci ospitavano. Con i molti limiti dei viaggi organizzati dalle agenzie (che infatti normalmente cerco di evitare…), ma con alcune opportunità significative come quella di oggi, o i momenti a Ramallah e a Hebron. Di considerazioni finali se ne possono fare tante, ma molte sono già emerse dai lunghi racconti di questi viaggi. Restano le emozioni, gli incontri, gli sguardi, gli odori, i suoni, i paesaggi e tutto quello che fa parte di un viaggio, e che resta indelebilmente in ognuno di noi e che difficilmente si può trascrivere su un racconto, per quanto bene fatto (e non è certo questo il caso!). E resta anche il desiderio di ripartire per altre mete, ma anche di tornare prima o poi in questa città e in questi luoghi che più che per i monumenti e i paesaggi fanno innamorare per la storia, la cultura, le persone, le enormi contraddizioni, le difficoltà che nascono dalla convivenza tra popoli e culture diverse. Insomma un mix di tutto ciò che è la nostra umanità, così meravigliosa e così incapace di vivere in pace utilizzando le proprie potenzialità per creare anche qui sulla Terra quel Paradiso che Dio ci ha promesso. E chissà Lui cosa penserà, vedendo la sua terra prediletta nella quale si mischiano invocazioni a Lui in ogni lingua e ogni credo, ma anche mitra imbracciati da ragazzini e tante altre contraddizioni qui così presenti… Non posso concludere che con un… BUON VIAGGIO A TUTTI!!!

P.S.1 HO PUBBLICATO LE FOTOGRAFIE sul mio sito, naturalmente nella sezione "fotografie". Sono tante (più di 300) ma è già stata dura selezionarle dalle 800 totali che ho fatto! Buona visione
P.S.2 Se volete lasciare i vostri commenti al diario di viaggio ne sarei contento. Così per condividere!
P.S.3 Grazie a tutti i meravigliosi e simpaticissimi compagni di avventura! In questo non poteva andare meglio!

martedì 1 gennaio 2008

Diario dalla Terrasanta: 1 gennaio 08


Anno nuovo! Ma la tradizionale dormita del capodanno viene saltata a piè pari, visto che alle 7.30 siamo già in viaggio per Betania. La giornata inizia con una Messa in una chiesetta gelata; nella foga di partire in tempo dimentichiamo anche Chiara in albergo, che ci raggiunge poi in taxi! Betania ricorda il miracolo di Lazzaro (scendiamo anche nella tomba) e l’amicizia con Marta e Maria. E’ bello celebrare la messa della Giornata della Pace in queste terre e nel luogo che ricorda le amicizie di Gesù; quanto bisogno ci sarebbe di recuperare le ragioni dell’amicizia e della comprensione tra le persone, che stanno alla base della pace… Si riparte poi per Masada, sul mar Morto. Scendiamo di 300 metri sotto il livello del mare, e prendiamo la funivia (però che tentazione vedere il sentiero che si arrampicava su quei monti…) che ci porta in cima. Masada è sempre stata una cittadella difensiva (spettacolare il sistema per rendersi autonomi dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico!), conquistata dai romani e fortificata ulteriormente poi da Erode. Per gli ebrei è un importantissimo simbolo legato all’identità della nazione… Quando arrivarono i romani infatti, gli ebrei presenti preferirono suicidarsi in massa pur di non arrendersi. Anche qui non mancano le angoscianti scene che in questa terra si vedono ovunque: vi sono alcune scolaresche di israeliani, sempre accompagnati dalla sicurezza con il mitra. E la sicurezza è formata da ragazzi e ragazze in borghese poco più che coetanei degli studenti. Addirittura socializzano e si fanno fotografare insieme: studenti e “amici” con il mitra! Prima del pranzo c’è tempo per il mitico bagno nel mar Morto. La salinità è del 27%, cioè 10 volte di più di quella degli altri mari; non vi sono forme di vita né vegetale né animale. Una tale presenza di sale significa che durante il bagno si sta a galla con una facilità incredibile. Anzi… è quasi difficile tenere braccia e gambe dentro l’acqua se si prova a nuotare. E’ una sensazione stranissima ma molto piacevole, e anche una spalmatina con la sabbia rende la pelle molto morbida. E poi vale la pena anche solo per poter dire di aver fatto il bagno il 1 gennaio, anche se solo per 20 minuti! Dopo la partenza, pausa pranzo e poi tappa al sito archeologico di Qumran, importantissimo per i fantastici ritrovamenti di rotoli antichi (precedenti a Cristo) che hanno dato un contributo fondamentale allo studio delle Sacre Scritture. Prima di tornare in albergo c’è tempo per un giro veloce a Gerusalemme, nel luogo che ricorda il cenacolo dove si consumò l’ultima cena, e quindi anche l’istituzione dell’Eucarestia. E poi via in albergo per la cena seguita da una spedizione nel centro (moderno) di Gerusalemme per una birra e un kebab. Ci scappa anche l’acquisto di un bellissimo arazzo indiano da appendere in casa. Anche nel centro non possiamo non notare una ragazza, poco più che adolescente, che gira vestita “in borghese” con un mitra sulle spalle… per noi è impossibile farci l’abitudine. Forse gli israeliani invece saranno abituati a convivere con la paura costante dell’altro… o forse no. Certo è, che in ogni caso non è questa la strada che porta alla pace. Che per quanto è faticosa, è la strada che questi due popoli dovranno intraprendere, magari iniziando dal concetto che la terra più che essere eredità dei nostri padri, è in prestito dai nostri figli e nipoti!
Se volete dare un'occhiata ad un po' di foto, le ho pubblicate sul sito dell'AC di Brescia (www.acbrescia.it). Cliccate su Documenti, e poi quando vi apparirà l'altro sommario in alto, andate su Galleria... Appena torno le pubblico anche sul mio sito!

Diario dalla Terrasanta: 31 dicembre 07

La giornata inizia subito in modo intenso. Visita a Hebron. Siamo uno tra i pochissimi gruppi di turisti che si reca in questa città, che infatti a differenza delle altre città arabe, non ha bambini e venditori di ogni sorta che assalgono gli stranieri non appena scesi dal pullman. Hebron è una città palestinese in Cisgiordania dove c’è un villaggio di coloni israeliani che controlla militarmente praticamente tutta la città. Le strade che attraversiamo sono circondate da case distrutte dai bombardamenti, e i militari sono ovunque. Visitiamo quello che fu il palazzo di Erode e che attualmente (come per tutti gli edifici storici, dopo molti cambi di utilizzo), ha allo stesso piano una sinagoga e una moschea. La tradizione vuole che vi siano le tombe dei patriarchi, per cui il luogo è caro ad entrambe le religioni. Entrare in questo edificio è come entrare in un forte: 2 controlli al metal detector ad ogni ingresso, soldati con il mitra praticamente ovunque, torrette di avvistamento ad ogni angolo dell’edificio. Incrociamo un gruppetto di bimbi palestinesi che per andare a riempire le taniche d’acqua, deve passare dai controlli dei militari. Per accedere alla zona la popolazione palestinese deve passare attraverso tornelli (gli stessi che da noi si usano negli stadi, che spesso infatti sono come zone di guerra) e controlli militari. Hebron è famosa per essere una delle zone più calde (mai però come Gaza) dei vari scontri dell’Intifada, e per aver visto proprio nelle sale da noi visitate oggi, alcune stragi di fedeli, puntualmente sempre seguite dalle solite rappresaglie e scontri. Infatti la città è semidistrutta.
E’ angosciante essere in un luogo che dovrebbe unire anziché dividere le due religioni, in un luogo che dovrebbe essere tempio della fede e della pace, e che è invece assediato completamente dall’esercito. Per custodirlo, gli ebrei hanno impiantato a Hebron un insediamento di coloni, che pur essendo decisamente minoritario, tiene sotto completo controllo militare la città. E fa impressione vedere il loro villaggio circondato da reticolati, soldati con il solito mitra e torrette di vedetta. All’interno anche un campo di basket. Per difendere il proprio passato e la propria storia, non solo si perpetuano soprusi e ingiustizie enormi su altri popoli, ma si costringono i propri figli a vivere praticamente reclusi e costantemente sotto scorta…
Dopo Hebron si parte per Betlemme (altra città circondata dal terribile muro che Israele sta costruendo). Celebrazione della Messa in una cappella e visita alla Basilica della Natività. Anche in questo caso (come al Santo Sepolcro), la “poesia” viene scacciata dalle pessime condizioni in cui è tenuta la grotta: gli ortodossi greci in questo caso non sono certo stati maestri di ordine, restauro, pulizia, buon gusto e semplicità. Il risultato è opprimente, anche se l’emozione e un sentito momento di riflessione e di preghiera vengono a dir poco spontanei. Dopo il pranzo tappa in un negozio per il tradizionale shopping (occasione per altre foto al muro che in quel quartiere taglia letteralmente una strada a metà…), e poi si torna a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi. Visita ad alcuni luoghi che ricordano il Padre Nostro (tradotto su ceramiche in tutte le lingue del mondo, anche se poi la bella idea è scaduta nel folklore, visto che sono appese anche le traduzioni in piemontese, sardo e milanese!!!!), l’Ascensione, il pianto su Gerusalemme. In mezzo, una vista sul quartiere storico a dir poco meravigliosa; i colori del tramonto poi non fanno altro che aumentare la magia!
Ed eccoci nel Giardino del Getsemani; in un luogo simile non può non esserci la proposta di una celebrazione con tanto di preghiera personale, necessaria per meditare e assimilare le tante provocazioni ed emozioni di questi giorni.
La giornata e l’anno 2007 si concludono in albergo: una cena e una divertente serata nella hall tra canti, brindisi e buffet con quello che abbiamo portato dall’Italia. Domani la sveglia è al solito orario (6.30) per cui non è il caso di fare le ore piccole. Ci aspetta un’altra giornata intensa, sperando che il 2008 inizi con qualche segno di speranza per la pace in queste terre; segni che magari allevieranno l’angoscia che la situazione attuale crea attraversando ogni strada…
Un buon 2008 di pace a tutti!