domenica 1 agosto 2010

Diario di bordo in Perù - parte DUE


A Cuzco (antica capitale Inca e principale centro turistico del Perù) arriviamo all’alba. All’aeroporto ci viene a prendere il nostro nuovo “angelo custode”: Humberto, guida che collabora da anni con l’Operazione Mato Grosso. Andiamo subito a sistemarci presso la casa dell’OMG della città (con funzioni simili a quella di Huanuco), accolti dalla famiglia di Marco e Benedetta, aiutati dalla simpaticissima Marta, volontaria italiana che riesce a parlare spagnolo con un marcato accento vicentino. Dopo un breve momento di riposo, in tarda mattinata andiamo a visitare la città, prima liberamente e poi aggregandoci ad un pullman guidato da una strana guida di nome Julia. Visitiamo la bellissima Plaza de Armas di Cuzco, la meravigliosa cattedrale e le rovine inca nei pressi della città. E’ veramente interessante conoscere questa antica civiltà, che nel giro di pochissimi anni si trasformò da anonima tribù ad un impero tra i più estesi che la storia ricordi. Un impero breve di circa due secoli che terminò con l’invasione spagnola, di cui la nostra guida sembra letteralmente innamorata enfatizzandone le qualità positive e le grandi abilità come costruttori e agricoltori, nonostante non conoscessero l’uso della ruota e della scrittura come forma di comunicazione.

Il giorno successivo partiamo per un’escursione di tre giorni, anche se il programma si modificherà in itinere. La mattina Humberto ci accompagna ad un altro pullman turistico. Componenti diversi ma stessa guida (che sente le necessità di occupare ogni momento di silenzio durante il viaggio, ripetendo le stesse cose infinite volte). Tocchiamo praticamente quasi tutti i resti archeologici della valle Sagrada, che gli Inca consideravano tale per la fertilità delle sue terre. Luoghi veramente belli e che narrano un passato glorioso ed una grande passione per la terra e per tutto ciò che viene da essa. Un po’ alla volta entriamo quasi in confidenza con l’antica lingua degli inca, il quechua, ancora parlato dalla maggioranza delle persone (e unico idioma utilizzato da molti anziani) e che dà il nome a tutte le località che sono in questa regione. Nel pomeriggio dovremmo fermarci a Ollataytambo per prendere il treno diretto ad Agua Caliente (il paese sotto le rovine di Machu Pichu), ma ci accorgiamo che il biglietto indica il giorno successivo! L’errore viene riparato con un cambio di programma. Torniamo con il pullman a Cuzco, dove il giorno successivo (dopo una mattina passata a riposare ed a copiare dal mio PC i file musicali di qualche centinaio di canzone italiana per i volontari dell’OMG) la nostra guida Humberto ci viene a prendere per farci ripercorrere la valle Sagrada e portarci a Ollataytambo. Due ore di treno per Agua Caliente e pernottamento in uno dei tanti alberghi di questo bruttissimo paesello fatto solo di strutture non terminate che ospitano alberghi, ristoranti e negozi per turisti. La mattina partiamo per il più famoso sito archeologico dell’America del Sud: Machu Pichu, scoperto solo un secolo fa. Il pulmino ci porta all’ingresso circa 2 ore prima del giro con la guida, per cui abbiamo tempo di avventurarci in un’escursione su una delle due vette che circondano le rovine. Non arriviamo in cima, ma dopo circa un’ora di salita a tratti impegnativa, la vista dal monte Machu Pichu (che da il nome alla località) è fantastica. Tempo di scendere e dopo un breve riposo iniziamo il giro per le interessanti rovine di questo fantastico e ben conservato enorme luogo sacro per gli Inca. Scendiamo ad Agua Caliente per un pranzo e dopo un po’ di riposo (sul divano nell’atrio del nostro albergo) prendiamo il treno che ci riposta a Ollataytambo. All’arrivo dovrebbe attenderci Humberto, che però arriva con un po’ di ritardo spingendo la macchina guasta! Dopo un po’ di ricerca ci trova un taxi che ci porta in un albergo nella valle Sagrada (precisamente nella località di Urubamba) in cui passeremo la notte. Il giorno successivo si parte prestissimo per riuscire a visitare ancora due località della valle, tra cui una salina (tutt’ora utilizzata dai campesiños della zona) realizzata sfruttando una sorgente d’acqua salata che si trova a più di 3500 metri di altitudine! Passiamo dalla casa di Cuzco a prendere i bagagli e a salutare Marta che ci prepara un ultimo caffè e poi partiamo con Humberto per la nostra nuova meta: il lago Titikaka. Il paesaggio andino che attraversiamo è ormai conosciuto ma non smette mai di incantare, soprattutto quando attraversiamo un passo a 4300 metri che porta poi su un enorme altipiano pressoché desertico a più di 4000 metri di altitudine. Le case costruite in adobe (fango e paglia cotti al sole) sono sempre povere e molte di queste sono state dipinte (di nascosto in notturna) con slogan e simboli dei partiti candidati alle prossime elezioni amministrative. Ogni tanto si vedono anche gruppi di campesiños radunati intorno ad una scuola, intenti ad ascoltare qualche funzionario ministeriale che spiega come votare. Tra l’altro i simboli delle liste sono probabilmente disegnati per “aiutare” i tanti analfabeti, visto che ricordano i contrassegni che usavamo da bambini all’asilo: foglie, rastrelli, palloni, alberi, scale, strade, badili, fiori ecc. Incontriamo anche vecchi camioncini carichi di casse di amplificazione di ritorno da qualche comizio improvvisato nelle piazze. E si vedono in giro numerosi gruppi di operai intenti a sistemare strade e opere pubbliche, cosa che (tutti assicurano) avviene solo prima delle elezioni. Una pratica universale! Tra l’altro anche nei villaggi più poveri non manca quasi mai una scuola in buone condizioni, una piazza con fontana e un campo di calcio. Il senso di comunità di questa gente è veramente forte e compatto, e anche la capacità di vivere con poco, anche se gli amministratori locali forse dovrebbero ricordarsi anche di altri bisogni di questa gente, che in buona parte in casa non ha ancora elettricità e acqua corrente.

Visitando ogni tanto qualche piccola località turistica (tra cui una meravigliosa chiesa che qui chiamano – in modo un po’ altisonante – la “Cappella Sistina d’America”), arriviamo in serata a Puno, principale città (veramente brutta) peruviana sul Titikaka, il lago navigabile più alto del mondo (siamo a 3800 metri). Arriviamo in tempo per la Messa della sera che si conclude con un canto imparato anni fa ai campi scuola dell’Azione Cattolica; una cena a base del tradizionale pollo ai ferri e poi in albergo. La mattina successiva ci imbarchiamo per un’escursione di due giorni sulle isole del lago. Le prime che visitiamo sono molto particolari; si tratta di isole galleggianti costruite artificialmente da alcune popolazioni locali (entrate in conflitto con gli inca) utilizzando lo strato di terra formato dai canneti. Anche se l’accoglienza ad hoc per i turisti sembra un po’ in stile “Gardaland”, è veramente interessante vedere lo stile di vita semplicissimo (e naturalmente molto povero) di questi villaggi. Riprendiamo il battello che ci porta poi ad un’altra isola in mezzo al lago, grande più o meno come Montisola sul lago d’Iseo. I paesaggi sono veramente belli ed il blu intenso del lago regala panorami unici ed un tramonto fantastico che gustiamo dalla cima dell’isola. Veniamo ospitati da alcune famiglie; a noi capita probabilmente una delle più povere dell’isola (nella piccolissima casa di fango gestita da una vedova di 46 anni che vive con i due figli e la madre novantenne non c’è praticamente nulla; per prendere l’acqua bisogna andare ad un pozzo a 20 minuti a piedi). Nonostante, per i mezzi a disposizione, l’ospitalità sia ottima, ci sentiamo quasi “in colpa” a mangiare i semplici ma buoni piatti che ci vengono offerti. Il giorno successivo, dopo aver consumato la colazione con la nostra famiglia ospitante, ripartiamo per qualche ora su un’isola vicina, dove oltre ad altri meravigliosi panorami possiamo anche vedere delle danze tradizionali per la festa patronale. Pranzo a base di (ottimo) pesce e poi ripartiamo con il battello per Puno. Qui ritroviamo Humberto, che ci accompagna a prendere il pullman che ci porta nella seconda città del Perù: Arequipa, dove arriviamo in tarda serata. Da qui prenderemo il giorno dopo l’aereo per Lima, ma prima c’è tempo per una visita alla città, che vanta una bella piazza de Armas e alcuni monumenti interessanti. In particolare ci colpisce il monastero di Santa Caterina, una vera e propria città nella città con celle che sembravano vere e proprie villette. La vita delle monache aveva poco a che fare con lo stile monastico, fino al punto che dovette intervenire Pio IX per riportare un po’ di regole. Dopo un buon pranzo ed un deludente tour marcatamente “turistico” per i dintorni della città, prendiamo il volo che in serata ci riporta nella casa base dell’OMG a Lima. La casa è più che mai un porto di mare con decine di persone che vanno e vengono; durante la nostra permanenza incontriamo anche volontari conosciuti qua e là durante il nostro viaggio. Ci fermiamo a Lima due notti e visitiamo anche la città che ci conferma l’impressione iniziale di aver pochi motivi per farsi ammirare e visitare. Sono anche i giorni della festa della Patria, per cui la città è tirata a lucido e piena di bandiere (che sono obbligatorie da esporre in tutte le abitazioni!). Abbiamo anche il tempo per un’ultimo pranzo peruviano, che conferma la buona impressione che abbiamo avuto della cucina locale. Dopo la serata tranquilla nella casa dell’OMG il giorno successivo ripartiamo. Più di dieci ore di aereo che ci porteranno a Madrid dove, dopo un lungo scalo di 12 ore (che ci permetterà così di visitare anche la capitale spagnola) torneremo in Italia.

Un altro viaggio si è concluso. Rispetto ad altri viaggi la principale particolarità era sicuramente quella di essere la cosiddetta luna di miele con la mia neomoglie Silvia, cosa che ha dato all’esperienza un sapore particolare e naturalmente romantico. E’ stato poi il primo viaggio in America Latina, terra che non ha sicuramente deluso per i paesaggi, per i meravigliosi ambienti naturali e per la splendida gente, ma che ci ha fatto incontrare una povertà diffusa della quale tante volte ci avevano parlato e ci avevano mostrato le immagini. Una società complessa e con una storia tortuosa, che davanti a sé sembra non offrire grandi prospettive e speranze per i peruviani. Sempre più giovani cercano di costruirsi un futuro con un titolo di studio, che quasi sempre li porta nelle città a cercare una vita diversa da quella dei genitori. Una vita migliore che però fatica ad arrivare. Destino comune a molti paesi definiti in “via di sviluppo”; in Ucraina per esempio la situazione è pressoché identica, con questa forma di neo-urbanizzazione che colpisce soprattutto i giovani attratti dalle illusioni di un consumismo che li riempie di illusioni e di sogni e che poi non riesce a dare loro risposte e opportunità.

In mezzo a questa umanità è stato veramente edificante incontrare e conoscere l’opera di molti volontari nostri connazionali, tra le poche persone che in quest’epoca ci fanno sentire ancora orgogliosi di essere italiani.